In occasione della giornata nazionale contro la precarietà, prevista per il 10 maggio, la Cgia di Mestre ha realizzato un identikit dei lavoratori precari. Stiamo parlando di un esercito di lavoratori atipici di 3.315.580 unità, il 14.5% degli occupati italiani, composto da dipendenti a termine involontari e dipendenti part time involontari. Ne fanno parte inoltre i collaboratori, i liberi professionisti e i lavoratori in proprio che presentano contemporaneamente 3 vincoli di subordinazione (monocommittenza, utilizzo dei mezzi aziendali e imposizione dell'orario di lavoro). La retribuzione netta mensile per i giovani precari under 34 è di 836 euro al mese, maggiore per i maschi (927 euro) e inferiore per le donne (759 euro). Cifre che escludono importi come benefit, premi produttività, indennità etc.
Per quanto riguarda i titoli di studio, il 46% dei precari è diplomati, il 39% ha conseguito la licenza media e il 15,1% è in possesso di una laurea. Come abbiamo già avuto modo di rilevare più di un lavoratore precario su tre è impiegato nel pubblico impiego (il 34%). Si tratta di 515 mila lavoratori impiegati nella scuola e nella sanità, di 477 mila impiegati nei servizi pubblici e in quelli sociali e di 119 mila precari della Pubblica Amministrazione.
A livello geografico è il Sud a contare il maggior numero di precari con oltre 1,108 milioni, pari al 35,18% del totale, segue il Nord-ovest con il 24,92% (867 mila precari), il Centro con il 21,68% (720 mila ) e il Nord-Est (619 mila precari).
Tra le regioni troviamo in testa la Calabria con il 21,2% dei precari sul totale degli occupati regionali, seguita dalla Sardegna (20,4%), dalla Sicilia (19,9%) e dalla Puglia (19,8%). Le regioni con la più bassa percentuali di lavoratori precari sul totale degli occupati sono tutte al Nord con in testa Veneto (11,1%), Lombardia (12,3%), Trentino (12,7%), Friuli (13,1%) e Piemonte (13,2%).
Il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, ha sottolineato che, in questo periodo di forte crisi economica, i lavoratori precari più a rischio sono quelli con i titoli di studio più bassi, che sono spesso sottoposti a mansioni molto pesanti dal punto di vista fisico e hanno scarse prospettive per il futuro. C'è da dire che anche tra le fila dei laureati la precarietà sta aumentando in maniera decisamente significativa, segno che la crisi economica ha cambiato di molto le carte in tavola nel mercato del lavoro.
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